Per classificare i rifiuti si utilizza il Codice CER secondo la direttiva 75/442/CEE che definisce rifiuto “qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”.

L’elenco di tali codici identificativi

L’elenco di tali codici identificativi (denominato CER 2002) è allegato alla parte quarta del D.lgs. 152/06 ed è articolato in 20 classi, ognuna delle quali raggruppa rifiuti che derivano da uno stesso ciclo produttivo.

I rifiuti, infatti, ai sensi del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152, sono classificati (art. 184) in base alla loro origine (distinguendo tra rifiuti urbani e rifiuti speciali) e sulla base delle caratteristiche di pericolosità (distingundo tra rifiuti pericolosi e non pericolosi).

I rifiuti pericolosi verranno contrassegnati dal codice CER asteriscato e la loro pericolosità deriva o dal ciclo produttivo di provenienza o dalle caratteristiche chimico-fisiche o sostanze pericolose in quantità significative di cui sono composti.

Il compito di attribuire il codice CER

Il compito di attribuire il codice CER spetta o al produttore e la classificazione deve avvenire prima che il rifiuto sia allontanato dal luogo di produzione.

A ciascun rifiuto viene assegnato un codice numerico di 6 cifre in cui ciascuna coppia di numeri identifica:

classe: settore di attività da cui deriva il rifiuto
sottoclasse: processo produttivo di provenienza
categoria: nome del rifiuto

Non è molto semplice attribuire il codice ai rifiuti perché per farlo bisogna:

individuare il processo produttivo da cui si origina il rifiuto (questo per attribuire la prima coppia di cifre o classe)
individuare la specifica fase della attività produttiva da cui si origina il rifiuto (questo per attribuire la seconda coppia di cifre o sottoclasse)
caratterizzare il rifiuto individuando la sua descrizione specifica (questo per attribuire la terza coppia di cifre o categoria).