Ogni anno viene sprecato cibo per un totale di circa 1,4 miliardi di tonnellate ovvero circa 800 miliardi di dollari. Questo è un danno significativo se si pensa che ci sono comunque quasi 900 milioni di persone che soffrono di denutrizione in diversi paesi del mondo (Burkina Faso, Nigeria nordorientale, Sudan del Sud).

Secondo la Commissione europea

Secondo la Commissione europea, lo spreco alimentare è “l’insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare, che – per ragioni economiche, estetiche o per la prossimità della scadenza di consumo, seppure ancora commestibili e quindi potenzialmente destinati al consumo umano – sono destinati a essere eliminati o smaltiti”.

Quello dello spreco alimentare è un tema caldo per l’ONU che ha previsto che entro il 2030 un obiettivo è quello di dimezzare lo spreco alimentare pro capite e ridurre le perdite di cibo lungo tutta la filiera, portando anche a ridurre la deforestazione e le emissioni di gas a effetto serra, fermando l’innalzamento delle temperature sotto i 2°C.

Lo spreco alimentare incide sull’ambiente in quanto questa pratica contribuisce in maniera importante all’inquinamento globale: secondo la World Organization for International Relations (Woir) lo spreco di cibo è responsabile di 4,8 miliardi tonnellate di gas serra emessi nell’atmosfera, per un consumo di acqua di 180 miliardi di metri cubi.

Inoltre, vengono sprecate anche le risorse per produrre questi alimenti come energia, acqua, sfruttamento del territorio, combustibili, forza lavoro.

Per non parlare anche dei costi sociali

Per non parlare anche dei costi sociali, sanitari e ambientali causati dallo spreco (come il costo della gestione degli effetti avversi dovuti all’esposizione a pesticidi, l’erosione dei terreni, gli interventi necessari alla fertilità del suolo e così via).

Per finire, la FAO ha stimato che nel mondo circa 1,4 milioni di ettari di terreno coltivabile sono destinati a produrre cibo che non verrà mai mangiato (si tratta del 28% della superficie terrestre destinata all’agricoltura), e questo impatta in modo determinante sulla perdita della biodiversità.
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