Le normative a cui fare riferimento per lo scarico delle acque della piscina sono la “Legge Merli”, ovvero la Legge 319 del 1976 “Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento”, e il Decreto Legislativo 152/99 che stabilisce chiaramente che ogni scarico deve essere autorizzato dai rispettivi enti competenti.

In alcune regioni italiane le acque di scarico

In alcune regioni italiane le acque di scarico delle piscine, sia pubbliche che private, vengono trattate come acque reflue industriali.

Altre applicano invece una distinzione tra quelle clorate e non.

Nel primo caso, le acque sono considerate reflue industriali mentre nel secondo caso si tratterà di acque reflue domestiche.

Quindi, le acque contenenti cloro sono considerate inquinanti e vanno debitamente trattate prima di essere smaltite.

La Legge infatti proibisce di scaricare in fognatura, nel sottosuolo o in superficie, acque contenenti una percentuale di cloro maggiore di 0,2 PPM e per smaltire questo tipo di acque bisogna abbassare la concentrazione del cloro utilizzando un declorinatore.

È necessario quindi abbassare prima il livello del cloro e poi smaltire l’acqua.

L’operazione di declorazione può essere effettuata in due modi differenti.

Il primo metodo è quello che utilizza una vasca di accumulo: si usa un serbatoio in cui incanalare l’acqua della piscina per poi farla decantare attendendo che il cloro si elimini naturalmente o artificialmente (con appositi prodotti decloranti).

Il secondo metodo è invece il sistema in linea: in questo caso, si usa un declorante iniettato mediante un’apposita pompa collegata a un contatore volumetrico.

L’acqua clorata, mescolata al declorante, perde buona parte del cloro in essa presente, consentendo lo scarico in tutta sicurezza da soli oppure affidandosi ad una azienda specializzata e autorizzata, addetta allo svuotamento delle piscine e allo smaltimento delle acque (in questo caso il processo di declorazione non dovrà essere effettuato da soli ma sarà l’azienda, previo accordo, ad occuparsene).
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