I cambiamenti climatici e il conseguente riscaldamento globale porteranno a delle enormi migrazioni nei prossimi anni.

Secondo delle stime del Rapporto Growndshell della Banca Mondiale, entro il 2050 circa 216 milioni di persone del mondo dovranno lasciare le loro case e i loro paesi e migrare altrove.

Le motivazioni sono da ricercarsi nei mezzi di sussistenza che verranno a mancare e nella perdita di vivibilità dei luoghi che abitano che saranno sempre più sottoposti ad eventi climatici estremi. Ricordiamo che per cercare di arginare la situazione è bene adottare soluzioni conservative come chiudere i rubinetti quando ci si lava i denti o si lavano i capelli oppure anche installare un serbatoio di raccolta acqua per irrigare orto e giardino.

Nello specifico si è stimato che entro il 2050:

l’Africa subsahariana potrebbe contare fino a 86 milioni di migranti climatici interni e 19 milioni il Nord Africa
in Asia orientale e Pacifico si stimano 49 milioni (40 milioni per le aree asiatiche meridionali)
per l’America Latina si prevedono 17 milioni
tra Europa orientale e Asia centrale, 5 milioni.

Quindi tantissime persone perderanno tutto ciò che hanno attualmente, e anche i loro figli subiranno perdite enormi, e questo è uno scenario davvero drammatico.

I cambiamenti ambientali improvvisi come un tifone, oppure quelli graduali come la desertificazione, spingeranno alcuni a spostarsi forzatamente, altri a sopravvivere e, infine, soprattutto i più giovani si sposteranno più gradualmente.

Proprio i giovani, ora, possono essere la risposta di contrasto a quanto sta succedendo nel mondo ed impedire almeno in piccola parte questi scenari devastanti.

Purtroppo il tema della migrazione climatica è ancora poco noto, o sottovalutato, ma sono soprattutto i giovani che possono fare la differenza.

Tutt’ora molta popolazione del mondo è colpita dai disastri legati al clima (almeno 139 milioni di persone) e fra questi ci sono anche i migranti climatici: i posti più colpiti sono Sahel (dove sono avvenute inondazioni, siccità e invasioni di cavallette) e il Bangladesh (che sorge in un’area fluviale e abbastanza popolata, da sempre colpita da tempeste tropicali, inondazioni e altri disastri naturali).
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