Per pesca sostenibile si intendono diversi concetti:

preservare la salute e la produttività della popolazione ittica
rispettare l’habitat dei pesci
fare in modo che le persone che vivono di pesca possano continuare ad avere sussistenza da questa
ridurre al minimo l’impatto ambientale

Infatti la pesca sostenibile è in netta contrapposizione con la pesca industriale che invece ha impoverito le risorse marine e compromesso l’habitat di diverse specie che si stanno estinguendo.

Con la pesca sostenibile infatti:

i pescatori pescano nelle zone e nei periodi consentiti, lasciando ai pesci il tempo di crescere fino alla maturità sessuale, permettendogli di riprodursi
si evitano sprechi e catture di animali diversi da quelli che si cercano
si utilizzano delle strumentazioni non invasive.

A tal proposito, non si utilizzano delle tecniche di pesca dannose come il traino da fondo che ha un impatto distruttivo sul mare e sui pesci, oppure il palangaro derivante, utilizzato per pescare i grandi predatori d’altura, o ancora la tonnara volante o la draga turbosoffiante.

Tutte queste tecniche nella pesca sostenibile, infatti, vengono sostituite da altre meno invasive come:

la rete da posta che si usa per i pesci di fondo (sogliole, cefali e seppie) e consiste in una rete singola oppure tre reti sovrapposte
la nassa che è una gabbia a forma di imbuto con esca, e viene calata a mano (così si possono liberare le catture indesiderate)
il palangaro di fondo che mira ai pesci che vivono sul fondale ed è più selettivo nelle catture
il traino a mezz’acqua, impiegato per il pesce azzurro, ha il vantaggio di non danneggiare i fondali
la canna, utilizzata per pescare tonni e merluzzi, che resta il metodo più migliore per la pesca sostenibile. Il pescato in questo modo è più integro e non subisce danni durante la cattura.