La delibera della Giunta regionale numero 651 del 19 luglio 2005, con la quale venivano individuate nel Lazio le nuove Zone di Protezione Speciale (Zps), sta creando non pochi problemi alla Bracciano Ambiente SpA nella gestione della discarica di Cupinoro.
Le Zps sono state concepite nel 1979 dalla Comunità europea per la conservazione di tutte le specie selvatiche di uccelli, ma siccome nel 1997 le autorità italiane ne avevano designate solo 108, numero inadeguato per gli standard richiesti dalla Commissione europea, nel 2003 si è innescato l’avvio di una procedura di infrazione contro lo Stato italiano, determinata nel marzo del 2005 con la decurtazione di fondi comunitari pari a 300mila euro giornalieri. Lo Stato ha così sollecitato le Regioni ad ampliare le porzioni di territorio da proteggere e il Lazio ha immediatamente risposto con l’offerta di 200mila ettari, 70mila solo nel perimetro che comprende l’incrocio con l’Aurelia Bis e l’autostrada A/12 a ridosso di Civitavecchia, alle zone di Santa Marinella, Cerveteri, lago di Bracciano, Oriolo, Veiano, Barbarano fino a Monte Romano ed oltre.
La fretta nel delineare questo tratto di territorio non solo non ha consentito una valutazione condivisa dai sedici municipi interessati all’ampliamento, ma ha impedito una adeguata considerazione di tutto ciò che si trovava dentro la Zps. Tra le restrittive norme di conservazione imposte all’interno delle Zps, infatti, c’è il divieto di apertura ed esercizio di discariche. E siccome la collina di immondizia accumulata negli anni a Cupinoro ricade proprio nel contesto descritto, qualsiasi attività svolta nel sito necessita di una accurata valutazione da parte della Regione.
Le voci che da un paio di giorni circolano in paese sulla presunta chiusura della discarica sono state in parte smentite dal presidente della Bracciano Ambiente, la società di proprietà del Comune di Bracciano che ne detiene il 100 per cento delle quote azionarie. “Noi avevamo l’autorizzazione per fare tutta una serie di cose – ha detto Alessandro Baroni – come l’impianto di smaltimento del percolato, già costruito, ma che per essere operativo necessitava della realizzazione di un laghetto artificiale. Quando abbiamo iniziato i lavori per la costruzione del laghetto è intervenuta la forestale e il Pm di Civitavecchia a luglio dello scorso anno lo ha sequestrato, ma dopo tre mesi ha archiviato il procedimento perché si è reso conto che la Bracciano Ambiente non poteva sapere che le autorizzazioni non erano complete. Però ora, per poter procedere, ci ha chiesto la valutazione di impatto ambientale che solo la Regione può rilasciare, visto che la zona è sottoposta a vincolo speciale. Nel frattempo due nostre cisterne ed un camion trasportano il percolato per essere smaltito in altri impianti ad un costo elevato”.
E questo discorso vale anche per gli impianti di preselezione dei rifiuti e di compostaggio, già autorizzati, ma privi di valutazione di incidenza. “Anche l’impianto di captazione di biogas e l’ampliamento della discarica sono stati fatti sottovalutando il vincolo Zps – ha detto Baroni – ma anche se tutto ciò venisse sequestrato il Prefetto sarebbe costretto a riaprire la discarica perché non ci sono alternative, il problema è che qui ci sono 25 comuni che comunque devono portare l’immondizia da qualche parte”. In Regione il presidente della Bracciano Ambiente ci è andato a ottobre per esporre tutte le problematiche relative ai permessi necessari per non mandare in tilt un servizio che già in molte zone del Lazio si sta dimostrando complesso. “L’ufficio Ambiente ha già avviato una procedura per la quale non ha deciso ancora bene il target – ha comunicato Baroni – perché se da una parte vogliono proporre di modificare il Piano di gestione della Zps, quindi includendo le attività della discarica, dall’altra stanno valutando l’ipotesi di stralciare l’area in cui si trova il sito dalla Zps per integrarla con un’altra area del territorio. L’iter comunque sarà lungo perché poi, una volta decisa la strada più idonea da intraprendere, si dovrà presentare il tutto al Ministero dell’Ambiente e alla Commissione europea, quindi nessuno mi sa dire se e quando saremo in grado di lavorare a pieno titolo, ovviamente in questo momento ci troviamo in una situazione di difficoltà perché non possiamo sostanzialmente fare nulla”. “Il 10 febbraio – ha fatto anche sapere Baroni – abbiamo partecipato ad una conferenza dei servizi nella quale abbiamo, insieme agli uffici preposti della Regione, della Provincia e al Prefetto, chiesto alla Polverini e alla Giunta regionale di emanare una ordinanza o predisporre una delibera che ci autorizzi a proseguire le attività per le quali già in precedenza siamo stati autorizzati, considerato il fatto che le Zps prevedono deroghe se in qualche modo la salute umana viene compromessa”.
“Inoltre – ha continuato Baroni – abbiamo comunicato alla Regione che la discarica di Cupinoro ha autonomia fino al 31 dicembre di quest’anno e che quindi, se non ci sono alternative, bisognerà provvedere ad ulteriori ampliamenti, magari minimi, ma necessari”. Dei 25 comuni che scaricano immondizia a Cupinoro solo 5 o 6 hanno iniziato il percorso della raccolta differenziata, un dato molto inquietante sia per il voluminoso materiale che confluisce nel sito, sia per la lontananza dagli standard richiesti dall’Unione Europea. A Bracciano solo in centro deve essere ancora attuata, ma il presidente della Bracciano Ambiente ha assicurato che inizierà nel giro di due mesi, appena arriveranno i nuovi cassonetti.
Altro problema inquietante che si pone sul tavolo delle incertezze, nel caso in cui la patata bollente lasciata dalla precedente amministrazione regionale non dovesse raffreddarsi, è il posto di lavoro degli 85 impiegati nella municipalizzata, più della metà dei quali sono in forza in discarica. “Questo è un problema serio che ho presentato in Regione – ha concluso Baroni – e siccome la prospettiva è che tutti i comuni dovranno attuare la raccolta differenziata, nella auspicata diminuzione del conferimento ritengo sia necessario riconvertire le attività della Bracciano Ambiente nella realizzazione di nuovi impianti per la lavorazione dei materiali da recupero, un’alternativa virtuosa alla discarica e una garanzia per l’occupazione futura dei lavoratori dell’azienda”.
Le Zps sono state concepite nel 1979 dalla Comunità europea per la conservazione di tutte le specie selvatiche di uccelli, ma siccome nel 1997 le autorità italiane ne avevano designate solo 108, numero inadeguato per gli standard richiesti dalla Commissione europea, nel 2003 si è innescato l’avvio di una procedura di infrazione contro lo Stato italiano, determinata nel marzo del 2005 con la decurtazione di fondi comunitari pari a 300mila euro giornalieri. Lo Stato ha così sollecitato le Regioni ad ampliare le porzioni di territorio da proteggere e il Lazio ha immediatamente risposto con l’offerta di 200mila ettari, 70mila solo nel perimetro che comprende l’incrocio con l’Aurelia Bis e l’autostrada A/12 a ridosso di Civitavecchia, alle zone di Santa Marinella, Cerveteri, lago di Bracciano, Oriolo, Veiano, Barbarano fino a Monte Romano ed oltre.
La fretta nel delineare questo tratto di territorio non solo non ha consentito una valutazione condivisa dai sedici municipi interessati all’ampliamento, ma ha impedito una adeguata considerazione di tutto ciò che si trovava dentro la Zps. Tra le restrittive norme di conservazione imposte all’interno delle Zps, infatti, c’è il divieto di apertura ed esercizio di discariche. E siccome la collina di immondizia accumulata negli anni a Cupinoro ricade proprio nel contesto descritto, qualsiasi attività svolta nel sito necessita di una accurata valutazione da parte della Regione.
Le voci che da un paio di giorni circolano in paese sulla presunta chiusura della discarica sono state in parte smentite dal presidente della Bracciano Ambiente, la società di proprietà del Comune di Bracciano che ne detiene il 100 per cento delle quote azionarie. “Noi avevamo l’autorizzazione per fare tutta una serie di cose – ha detto Alessandro Baroni – come l’impianto di smaltimento del percolato, già costruito, ma che per essere operativo necessitava della realizzazione di un laghetto artificiale. Quando abbiamo iniziato i lavori per la costruzione del laghetto è intervenuta la forestale e il Pm di Civitavecchia a luglio dello scorso anno lo ha sequestrato, ma dopo tre mesi ha archiviato il procedimento perché si è reso conto che la Bracciano Ambiente non poteva sapere che le autorizzazioni non erano complete. Però ora, per poter procedere, ci ha chiesto la valutazione di impatto ambientale che solo la Regione può rilasciare, visto che la zona è sottoposta a vincolo speciale. Nel frattempo due nostre cisterne ed un camion trasportano il percolato per essere smaltito in altri impianti ad un costo elevato”.
E questo discorso vale anche per gli impianti di preselezione dei rifiuti e di compostaggio, già autorizzati, ma privi di valutazione di incidenza. “Anche l’impianto di captazione di biogas e l’ampliamento della discarica sono stati fatti sottovalutando il vincolo Zps – ha detto Baroni – ma anche se tutto ciò venisse sequestrato il Prefetto sarebbe costretto a riaprire la discarica perché non ci sono alternative, il problema è che qui ci sono 25 comuni che comunque devono portare l’immondizia da qualche parte”. In Regione il presidente della Bracciano Ambiente ci è andato a ottobre per esporre tutte le problematiche relative ai permessi necessari per non mandare in tilt un servizio che già in molte zone del Lazio si sta dimostrando complesso. “L’ufficio Ambiente ha già avviato una procedura per la quale non ha deciso ancora bene il target – ha comunicato Baroni – perché se da una parte vogliono proporre di modificare il Piano di gestione della Zps, quindi includendo le attività della discarica, dall’altra stanno valutando l’ipotesi di stralciare l’area in cui si trova il sito dalla Zps per integrarla con un’altra area del territorio. L’iter comunque sarà lungo perché poi, una volta decisa la strada più idonea da intraprendere, si dovrà presentare il tutto al Ministero dell’Ambiente e alla Commissione europea, quindi nessuno mi sa dire se e quando saremo in grado di lavorare a pieno titolo, ovviamente in questo momento ci troviamo in una situazione di difficoltà perché non possiamo sostanzialmente fare nulla”. “Il 10 febbraio – ha fatto anche sapere Baroni – abbiamo partecipato ad una conferenza dei servizi nella quale abbiamo, insieme agli uffici preposti della Regione, della Provincia e al Prefetto, chiesto alla Polverini e alla Giunta regionale di emanare una ordinanza o predisporre una delibera che ci autorizzi a proseguire le attività per le quali già in precedenza siamo stati autorizzati, considerato il fatto che le Zps prevedono deroghe se in qualche modo la salute umana viene compromessa”.
“Inoltre – ha continuato Baroni – abbiamo comunicato alla Regione che la discarica di Cupinoro ha autonomia fino al 31 dicembre di quest’anno e che quindi, se non ci sono alternative, bisognerà provvedere ad ulteriori ampliamenti, magari minimi, ma necessari”. Dei 25 comuni che scaricano immondizia a Cupinoro solo 5 o 6 hanno iniziato il percorso della raccolta differenziata, un dato molto inquietante sia per il voluminoso materiale che confluisce nel sito, sia per la lontananza dagli standard richiesti dall’Unione Europea. A Bracciano solo in centro deve essere ancora attuata, ma il presidente della Bracciano Ambiente ha assicurato che inizierà nel giro di due mesi, appena arriveranno i nuovi cassonetti.
Altro problema inquietante che si pone sul tavolo delle incertezze, nel caso in cui la patata bollente lasciata dalla precedente amministrazione regionale non dovesse raffreddarsi, è il posto di lavoro degli 85 impiegati nella municipalizzata, più della metà dei quali sono in forza in discarica. “Questo è un problema serio che ho presentato in Regione – ha concluso Baroni – e siccome la prospettiva è che tutti i comuni dovranno attuare la raccolta differenziata, nella auspicata diminuzione del conferimento ritengo sia necessario riconvertire le attività della Bracciano Ambiente nella realizzazione di nuovi impianti per la lavorazione dei materiali da recupero, un’alternativa virtuosa alla discarica e una garanzia per l’occupazione futura dei lavoratori dell’azienda”.
Iris Novello [foldergallery folder=”cms/file/BLOG/3338/” title=”3338″]
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